‘o pallone
Alle 19.00 del 30 Giugno 1984 ero con mio cognato da Bellini a prendere le pizze da portare a casa. Ci aspettavano in quattro e per non sbagliare ne avevamo ordinate otto: sei Margherita e due Marinara, nell’attesa bevevamo una birra in piedi poggiati al tavolino accanto alle scale che portano di sopra. In un angolo un crocchio di uomini se ne stava con l’orecchio a una radio da cui usciva un curioso lamento, una specie di giaculatoria a cui facevano seguito i muggiti bassi di alcuni di loro: la cronaca di un qualcosa di grosso che stava avvenendo. Lo squillo imperioso del telefono a parete interruppe quella curiosa celebrazione e il direttore di sala in persona balzò ad afferrare la cornetta. Ne seguirono fasi concitate e tutti cominciarono a gridare sovrapponendo uno strillo all’altro. In molti sciamavano in strada cantando e altrettanti ne entravano -furioso assembramento- correndo per quelle scale anguste e viscide di pummarola. Dalla qualche parte, probabilmente in Piazzetta Miraglia, scoppiavano i primi petardi e in un attimo fu bombardamento mondiale.
In tutto quel putiferio arrivarono anche i cartoni delle pizze insieme all’abbraccio caloroso del pizzaiolo che con le lacrime agli occhi e le mani unte ci urlò: -purtatavell’ co’ bbona salute, chest ‘e ppava Ferlaino.
Vivevamo il fortunato inizio dell’era Maradona.